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Displasia congenita dell’anca

DEFINIZIONE

La displasia congenita dell’anca, chiamata anche lussazione congenita dell’anca, considerata una patologia dell’età evolutiva, è un’anomalia dell’anca che ha inizio fin dalla vita intrauterina. A causa della malformazione o deformità dell’articolazione, se non trattata, durante le diverse fasi della vita la testa del femore tende gradualmente a “uscire” dalla sua sede naturale, cioè la cavità acetabolare e può dar luogo ad artrosi anche in giovanissima età. Più frequente nelle donne che negli uomini, spesso è presente in entrambe le anche (in questo caso si parla di displasia congenita bilaterale dell’anca).


Lo sai che…l’Italia è uno dei paesi al mondo in cui è più frequente la displasia congenita dell’anca (1 neonato ogni 200, contro 1 ogni 1000 nati degli Stati Uniti), più frequente nel Nord-Italia, in particolare in Emilia Romagna, Veneto, Marche e Lombardia, mentre al Sud è frequente in Puglia, mentre è quasi assente in Sicilia e Sardegna.


SINTOMI

In generale, la displasia congenita dell’anca non si presenta con sintomi o segni evidenti nel bambino. Nella maggior parte dei casi, l’anca si sviluppa con una copertura acetabolare incompleta, il cosiddetto “acetabolo sfuggente”, nel quale la testa femorale, cioè l’osso rotondeggiante del femore, non è completamente contenuta nella cavità acetabolare. La conseguenza è l’aumentato rischio di sviluppare artrosi precoce dell’anca.

Nell’adulto possono essere presenti uno o più dei seguenti segni :

– zoppia

– accorciamento degli arti

– iperlordosi (accentuazione della curva lombare)

– ginocchio valgo

– artrosi severa

ESAMI DIAGNOSTICI (nell’adulto)

– Rx: si effettuano misurazioni di una serie di angoli radiografici. I più comuni sono il Lateral Center Edge Angle, l’Acetabularia Index e l’Extrusion Index

– TAC: dà informazioni sull’antiversione del collo del femore e sul grado di copertura dell’acetabolo

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CAUSE

– ereditarietà

-“ambientale”, dovuta alla riduzione dello spazio libero attorno al feto che lo obbliga a una posizione forzata delle anche durante la gravidanza. In particolare, è più frequente in caso di:

  • primogenitura, dove esiste una maggiore tensione dei muscoli addominali della madre
  • gemellarità
  • presentazione podalica
  • basso livello di liquido amniotico

LO SAI CHE…

Non tutte le displasie sono uguali? Esistono vari gradi di anomalia di forma dei capi articolari. La classificazione più nota è quella di Dunn che prevede:

– stadio 1: displasia o anca instabile con un acetabolo ovalizzato

– stadio 2: sublussazione

– stadio 3: lussazione franca.


TRATTAMENTO CONSERVATIVO

Il riposo e l’astensione da alcune attività aiuta a ridurre e ritardare la comparsa dell’artrosi.

  1. rallentare l’attività fisica
  2. abbandonare completamente le attività sportive ad eccezione di nuoto e sport che non carichino il peso sulle anche

 TRATTAMENTO CHIRURGICO

L’intervento chirurgico ha l’obiettivo di:

– riportare nella posizione corretta la testa del femore e acetabolo. Da una quindicina di anni è stata sviluppata una tecnica molto sofisticata di riallineamento dell’acetabolo che prende il nome di PAO (Osteotomia Periacetabolare) che, praticata da chirurghi esperti, dà ottimi risultati funzionali, clinici e radiografici. Vuoi saperne di più sul tipo di intervento? Clicca qui >> link alla pagina “displasia congenita dell’anca” di ortopediaweb

– ricreare una meccanica normale o pseudo normale dell’articolazione e risolvere il dolore grazie alla sostituzione dell’articolazione dell’anca con una protesi, in caso di artrosi conseguente alla displasia (artrosi secondaria) anche in giovanissima età. L’intervento di protesi dell’anca nella displasia, proprio per la bilateralità, spesso associata a scoliosi, pessimo tono muscolare e dismetria, è una chirurgia più complessa della media e richiede una notevole esperienza in chirurgia dell’anca. Vuoi saperne di più sul tipo di intervento? Clicca qui >> link alla pagina “displasia congenita dell’anca” di ortopediaweb

Per ottenere i migliori vantaggi dalla tecnica PAO, il paziente deve:

– non aver già sviluppato artrosi: in caso di malattia artrosica, la durata del beneficio potrebbe essere nulla o comunque molto limitata.

– non essere sovrappeso

– non presentare danni articolari all’anca

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