La necrosi asettica della testa del femore è la condizione patologica che si realizza con l’interruzione dell’apporto di sangue a quella parte sferica del femore, chiamata testa, che si inserisce nella cavità dell’acetabolo nell’anca, e permette il movimento dell’articolazione dell’anca. La testa del femore riceve il sangue dal bacino e dal collo femorale; quando il flusso si interrompe, cellule e tessuti di cui la testa femorale è composta soffrono e degenerano progressivamente fino a morire. Anche per la testa del femore, infatti, si parla di attacco ischemico, proprio come può accadere in qualsiasi altra parte del corpo quando si interrompe l’apporto di sangue ai tessuti. Quando accade, la necrosi porta alla degenerazione dell’articolazione dell’anca.
Perché è importante che il sangue arrivi (anche) alle ossa?
L’osso è un tessuto vivente come tutti i tessuti del nostro organismo. Dal sangue che scorre all’interno dei vasi sanguigni, cioè arterie, vene e capillari, arrivano a tutti i tessuti, comprese le ossa, gli elementi che necessitano per vivere e rigenerarsi. Non tutti i tessuti però ricevono la stessa quantità di sangue: le ossa, e in particolare la testa del femore, ricevono una quantità di sangue appena sufficiente alla propria sopravvivenza, molta di meno rispetto ad altre zone del corpo, e per questo hanno meno vasi sanguigni. Basta quindi che uno dei pochi vasi sanguigni interrompa il suo flusso di sangue, perchè la testa femorale vada in sofferenza.
Lo sai che .. il 5-18% delle protesi di anca impiantate nei Paesi Occidentali e Stati Uniti, sono conseguenti alla necrosi della testa femorale? Questa patologia, però, è significativamente più frequente in India, Cina e Giappone.
Cause
Le cause che portano all’insorgere della necrosi asettica della testa femorale sono solo in parte conosciute:
- traumi ed esiti di trauma: fratture del collo femorale e lussazione dell’anca, per esempio, possono interrompere la maggior parte dell’apporto vascolare alla zona del femore più vicino alla testa, a a causa della rottura del legamento rotondo e delle arterie retinacolari. La possibilità che si verifichi una necrosi dipende da quanto la frattura è scomposta e dal tempo intercorso prima dell’intervento. Per tale motivo le fratture scomposte vengono, in linea di massima, trattate direttamente con l’applicazione di una protesi di anca. Nei giovani tuttavia, anche nelle fratture scomposte, si tenta di salvare la testa femorale ed evitare interventi di sostituzione. La necrosi dopo una frattura del collo femorale trattata con osteosintesi può intervenire fino a 5 anni dopo l’intervento stesso.
- cause non traumatiche: uso prolungato di terapie cortisoniche e alcolismo sono le cause principali di necrosi asettica della testa femorale. Le terapie cortisoniche rappresentano, in Italia, circa il 50-60% delle cause non traumatiche di necrosi con un rischio che aumenta, pur non verificandosi in tutti i pazienti in cura con cortisone, dopo trattamenti superiori a 6-8 settimane con dosaggi superiori ai 30 mg/die con terapia orale. Per esempio, si è calcolato che soltanto l’8% dei pazienti in terapie cortisoniche prolungate vanno incontro a necrosi; negli altri, se la necrosi non insorge nei primi 12 mesi, il rischio non aumenta. Alcolismo e abuso cronico di alcolici, invece, secondo dati certamente sottostimati, sono responsabili del 20-40% delle necrosi della testa femorale. Assumere più di 400 ml di alcool a settimana aumenta di circa 10 volte il rischio di necrosi della testa femorale.
- cause meno frequenti: radioterapia, chemioterapia, Lupus Eritematoso, vasculiti, emoglobinopatie, cirrosi epatica, iperlipidemia idiopatica, gotta, HIV, Sindrome di Gaucher, malattia dei cassoni, pancreatite cronica, Morbo di Crohn.
- forme idiopatiche: nel 25% dei casi, anche approfondendo gli esami diagnostici, non si riesce a giungere ad una correlazione certa con una delle cause sopra elencate. Per questo si usa definirle “idiopatiche”.
Come si sviluppa la malattia
Nella fase iniziale dell’ischemia, la risonanza magnetica individua un gonfiore (edema) dell’osso interessato dalla riduzione di apporto di sangue, mentre la radiografia rileva che “tutto è normale”. Solo nelle fasi successive della necrosi (sono sei le fasi di sviluppo della malattia), la testa del femore inizia a deformarsi dapprima solo nell’osso subcondrale, successivamente in modo più grossolano, perdendo la sua sfericità. Questo crea una incongruenza con l’acetabolo, ovvero la parte dell’anca che contiene la testa sferica del femore, che evolve nella degenerazione artrosica completa dell’articolazione (stadio V e VI). Oltre l’80% delle anche affette da necrosi, se non trattate, necessitano di impianto di protesi di anca.
Diagnosi
La descrizione di come evolve questa malattia, permette di capire quanto sia importante eseguire una diagnosi precoce, soprattutto perchè dimensione e localizzazione del danno causato dall’ischemia variano da paziente a paziente, e hanno una notevole importanza nello stabilire il trattamento e la prognosi. Infatti, più piccole sono le dimensioni delle lesioni e più lontano si trovano dalla zona di carico, migliore è la prognosi.
Non vi è dubbio che la diagnosi della necrosi asettica della testa del femore sia difficile soprattutto nei suoi stadi iniziali. Tuttavia, il dolore tipico dell’anca, localizzato in sede inguinale, irradiato sul gluteo e sulla faccia anteriore e mediale della coscia talora fino a raggiungere il ginocchio, che si acuisce con le torsioni dell’arto, soprattutto con la rotazione interna, divenendo acuto con il carico, devono indurre lo specialista a prendere in considerazione tale patologia.
Gli esami diagnostici essenziali sono:
radiografia tradizionale: nelle fasi iniziali è sempre negativa, cioè non rileva alterazioni della testa femorale
risonanza magnetica: permette di vedere l’edema osseo già nelle fasi inziali e per questo è uno strumento di diagnosi precoce. Inoltre, permette di seguire lo sviluppo della malattia e il risultato del trattamento
scintigrafia ossea con mezzo di contrasto: viene eseguita più raramente. Aiuta a capire se si tratta di necrosi o algodistrofia della testa del femore.
Trattamento
Il trattamento ideale per ogni singolo paziente dipende da numerosi fattori: età, storia clinica, eventuali necessità di continuare terapie cortisoniche in atto, presenza di necrosi all’altra anca, sede e dimensioni dell’area necrotica. Come abbiamo scritto nel libro pubblicato nel 2004 (Avascular necrosis of the femoral head. Current trends. Santori et al Ed -Springer Verlag, 2004) a seguito del trattamento di oltre 500 pazienti affetti da osteonecrosi, non esiste un unico approccio valido per il trattamento di tutte le anche affette da necrosi. Grazie alla sua esperienza, il chirurgo saprà identificare il percorso corretto per ogni singolo paziente.
In genere, i trattamenti possono essere suddivisi in:
- trattamento non chirurgico:
- farmaci: i difosfonati, usati nel trattamento dell’osteoporosi, hanno dimostrano in letteratura di ridurre il collasso della testa femorale. Possono essere associati anche a intervento chirurgico
- onde d’urto: nel trattamento delle fasi iniziali della necrosi, creano un sovvertimento locale del tessuto necrotico e stimolano la vascolarizzazione
- campi elettromagnetici pulsati (CEMP): stimolano la rigenerazione tissutale e la rivascolarizzazione. Possono essere utilizzati come terapia unica (negli stadi iniziali di lesioni piccole) o dopo intervento non sostitutivo. Normalmente questo trattamento va proseguito per almeno 3 mesi e per almeno 8 ore al giorno grazie all’apposizione di un magnete nella regione dell’anca
- medicina alternativa: proposta da autori cinesi, paese nel quale la necrosi della testa del femore è molto comune, non vi sono però riscontri in studi scientifici randomizzati pubblicati su riviste occidentali.
- trattamento chirurgico senza protesi: tecniche chirurgiche usate allo scopo di tentare di interrompere la degenerazione della testa del femore e, in alcuni casi, stimolare la rivascolarizzazione dell’osso necrotico. In genere sono più indicate in pazienti molto giovani. Alcune delle tecniche più usate includono: decompressione, osteotomie (efficaci nel 60-80% dei casi nelle fasi II e III della malattia), supporto meccanico, microchirurgia con perone vascolarizzato, artroscopia, artroprotesi di rivestimento, cellule staminali e fattori di crescita. Vuoi saperne di più? >>
- trattamento chirurgico con protesi: nelle fasi avanzate della malattia, l’intervento di protesi è il “golden standard”, anche se nei pazienti giovani, a causa dell’alta richiesta funzionale, in passato la durata della protesi era limitata. Oggi, grazie a nuovi materiali a bassissimo livello di usura e studiate appositamente per i pazienti più giovani, è aumentata di molto la longevità della protesi. Vuoi saperne di più? >>