Secondo uno studio britannico, i chirurghi tenderebbero a sottostimare la perdita di sangue del paziente durante l’intervento di protesi d’anca. Ne parliamo con il dottor Nicola Santori, direttore di Anca Surgical Center.
Durante un intervento ortopedico è normale prevedere una certa perdita di sangue. Uno studio britannico evidenzia però che negli interventi di protesi d’anca, i chirurghi tendono a sottostimare la perdita di sangue intraoperatoria. Cosa significa per il paziente?
«La perdita di sangue intraoperatoria è un aspetto importante perché si riflette sul recupero del paziente, influenza la riabilitazione e può contribuire all’insorgenza di patologie correlate all’intervento, come il danno renale acuto e insufficienze d’organo – risponde il dottor Nicola Santori, direttore di Anca Surgical Center -. È però pratica corrente effettuare un esame del sangue entro le 48 ore successive all’intervento per verificare un’eventuale anemizzazione. Sebbene siano necessarie stime sempre accurate – continua lo specialista -, tuttavia non vengono mai trascurati gli esami di controllo post-operatorio».
Lo studio
I ricercatori britannici hanno analizzato i dati di 55 pazienti sottoposti a chirurgia di protesi d’anca, seguendoli per nove mesi dopo l’intervento. Dallo studio è emerso che nelle valutazioni di chirurghi e anestesisti c’era una tendenza generale a effettuare stime fino a circa 249 ml inferiori alle perdite reali. In sostanza, veniva stimata quasi sempre una perdita di sangue tra i 200-300 ml, a prescindere dalle particolari condizioni dei pazienti.
Protesi d’anca, quando è necessario l’intervento?
La chirurgia protesica d’anca è altamente consigliata quando l’artrosi e le altre malattie degenerative dell’anca sono in fase avanzata, cioè quando l’articolazione e la cartilagine è danneggiata. «Oggi – conclude il dottor Nicola Santori, direttore di Anca Surgical Center – l’intervento di protesi d’anca viene eseguito con tecniche mininvasive che riducono le perdite di sangue, permettono brevi tempi di recupero, risolvono il dolore, e il paziente può tornare a praticare una discreta attività sportiva».